domenica 23 agosto 2009

Tutto ebbe inizio così!!

Nel dormitorio dei falliti il russare era fortissimo, come al solito.

Zattera non riusciva a dormire. Dovevano esserci sessanta cuccette, ed erano tutte occupate. Gli ubriachi russavano più forte, e la maggior parte di quelli che stavano lì erano ubriachi. Zattera si alzò a sedere e guardò il chiaro di luna entrare dalle finestre e cadere sugli uomini addormentati. Si preparò una sigaretta, e l'accese. Tornò a guardare gli altri uomini. Che branco di brutti coglioni inutili e cazzoni. Anzi, altro che cazzoni. Le donne non li vogliono. Non li vuole nessuno. Non valgono un cazzo, ah, ah, ah, e lui era uno di loro. Tirò fuori la bottiglia da sotto il cuscino e si fece l'ultimo. L'ultimo goccio era sempre il più triste. Infilò il vuoto sotto la cuccetta e guardò di nuovo gli uomini che russavano. Manco a tirargli la bomba atomica, non ne valeva la pena.
Zattera si voltò verso il suo amico, Gommone, sulla cuccetta accanto. Gommone se ne stava disteso con gli occhi aperti. Era morto?
«Ehi, Gommone!»
«Uh?»
«Non dormi?»
«Non riesco. Hai notato? Molti di loro russano a tempo. Come mai?»
«Non lo so, Gommone. C'è un sacco di cose che non so.»
«Anch'io, Zattera. Mi sa che sono scemo.»
«Ti sa soltanto? Se sapessi con certezza di essere scemo, allora saresti furbo."Gommone si mise a sedere sull'orlo del lettino."Zattera, pensi che ce ne andremo mai via di qui?»
«C'è un modo solo...»
«Sì?»
«Sì... da morti.»

Gommone si arrotolò una sigaretta e l'accese.
Gommone stava male, stava sempre male quando si metteva a pensare alle cose. La cosa da fare era smettere di pensare, chiudere tutte le porte.

«Ehi, Gommone» sentì la voce di Zattera.
«Sì?»
«Ho pensato...»
«Pensare è una stronzata...»
«Ma io sto sempre a pensare a questa cosa.»
«Ti è rimasto un goccetto?»
«No, scusa. Ma senti...»
«Merda secca, non voglio sentire!»

Gommone si stese di nuovo sul lettino. Chiacchierare non serviva a nulla. Era uno spreco.

«Guarda che te lo dico lo stesso, Gommone.»
«OK, cazzo, dài...»
«Tu ci vedi? Siamo degli sporchi Barboni .»
«Certo, e quanto siamo brutti...»
«Insomma, Gommone, io sto tutto il tempo a pensare a come si potrebbe uscire da questa situazione. Così siamo semplicemente sprecati!»
«Ma a noi barboni non ci vuole nessuno. Che cosa ci si può fare, con noi?

Zattera si sentì vagamente eccitato.

«Il fatto che a noi non ci vuole nessuno, è tutto a nostro vantaggio.»
«Ma sei proprio sicuro?»
«Certo. Vedi, in prigione non ci vogliono perché poi gli tocca darci da mangiare e da dormire. E noi non abbiamo nessun posto dove andare e niente da perdere.»
«E allora?»
«Ho pensato un sacco, la notte. »
«Tu sei pazzo!» disse Gommone.

Però si alzò a sedere sul lettino.

«Dimmi qualcosa di più...»

Zattera rise. «Beh, magari sono matto, ma continuo a pensare a questo spreco di materiale umano. Sono rimasto qui sveglio la notte a sognare le cose che potremmo fare...»

Ora fu Gommone a ridere. «Ma tipo cosa, per amor di Dio?» La loro conversazione non disturbava nessuno. Intorno, tutti continuavano a russare.

«Beh, è una specie di cosa che continua a girarmi in testa da un pezzo. Sì, può darsi benissimo che sia pazzo. Comunque...»
«Sì?» chiese Gommone.
«Non ridere. Magari il vino mi ha mangiato il cervello.»
«Cercherò di non ridere.»

Zattera tirò una boccata dalla sigaretta, poi espirò.



«Beh, e allora?»
«Beh,allora tipo, la vendetta dei dannati! Potremmo chiedere l’elemosina ondine. Accidenti, è proprio forte!»
«Io credo" disse Gommone "che dovresti proprio lasciar perdere il porto e tornare al vino bianco e basta.»
«Tu dici, eh?»
«Sì. OK, insomma, nell’ufficio del dormitorio c’è un computer , io un po’ me ne intendo e allora….»
«Beh, allora, cosa vuoi fare berlo?»
«No testa vuota!»

E incalzo:
«Facciamo un bel blog carino e poi chiediamo l’elemosina mandando email o cercando di vendere degli oggetti che troviamo in giro...»

«Ah, non ho capito un cazzo…..ma se vuoi farlo cosa abbiamo da perdere….»

«Appunto….. Poi il ricavato ne diamo metà in beneficenza e metà ce lo beviamo….»

Proprio allora un vecchio, qualche lettino più in là, si tirò su a sedere, spalancò al massimo gli occhi, e strillò: "Dio è una negra lesbica di duecento chili!».

Poi ricascò sul suo lettino.